Lo spot della De Cecco (la pasta) usa "Vecchio frac", canzone del 1955 interamente scritta e musicata da Domenico Modugno.
È pensabile che i creativi che hanno deciso di usare questo brano non abbiano capito di cosa parla e siano rimasti semplicemente affascinati dal "lalala" fischiettato.
Oppure che lo sapessero perfettamente ma al contempo fossero ben consapevoli del fatto che i destinatari dello spot invece non ne sanno nulla.
"Vecchio frac" parla di morte.

 

Una volta sono andato in autostop da Milano a Crotone e poi, sempre in autostop, sono tornato a Milano.

A Macerata spesi 28 mila lire, delle 40 mila che possedevo in totale. Li spesi per comprare "The final cut", disco peraltro non particolarmente felice dei Pink Floyd.

 

Stirpe di zolle e di fatica
hanno domato il secolo breve
con la lentezza dei buoi
e lo sferragliare dei cingolati arancioni
e sempre, alle spalle, la polvere dell'aratro.

 
Si confonde, a volte, la stupidità con la cattiveria.
E si pensa che la cattiveria sia una colpa mentre la stupidità no.
«Poverino, è nato stupido».
Forse è vero, ma poco importa.
Gli stupidi sono anche cattivi. Sempre.
Mentre i cattivi non sempre sono stupidi.
Gli stupidi, come i cattivi, fanno del male, sono pericolosi e violenti, a volte uccidono.
Ma di essere cattivi si può smettere. Magari è raro, ma può succedere.
Di essere stupidi no. Si rimane stupidi fino all'ultimo respiro.
E gli stupidi uccidono.
E chi ne sminuisce la pericolosità è complice.

 

Un certo marchese mio amico (raffinato editore di poesia selezionatissima, stampata su carta fatta a mano da una cartiera familiare di Catania, nonché collezionista di modernariato e cultore di ostriche dell'Atlantico e orchestre del Titanic) sosteneva, anni fa, che l'arte, la musica, la poesia, la letteratura e i prodotti "creativi" e culturali del Novecento e di buona parte dell'Ottocento fossero tutti, o almeno la più parte, frutti del consumo di varie droghe (oppio, alcol, hashish, fumo, cocaina, eroina, benzedrina etc).
Lo diceva da esperto conoscitore di tutti i termini che citava. Associava scrittori e opere, droga e versi, dosi e ritmi, poeti e overdose, musicisti e posto preciso al Père-Lachaise.

Da più parti, ultimamente, si tende ad accreditare la parola "resilienza" come sorgivo sbrocco di una nuova semantica del nostro tempo.

In realtà, se parola deve essere, vedo meglio "irrilevanza".

Viviamo l'epoca dell'irrilevanza.

 

Dieci anni fa un numero non banale di persone era timorosa che la profezia dei Maya si sarebbe avverata e sarebbe finito il mondo.

 

Fra i temi forti del complottismo c'è quello dello sterminio. I poteri forti (Soros, il Bilderberg, l'OMS, l'Europa, gli USA, la NATO: ogni complottista ha le proprie preferenze) starebbero effettuando una de-popolazione con lo scopo di attuare "il grande reset" e instaurare un nuovo ordine mondiale.

 

Ci sono momenti in cui i ricordi si affastellano, privi di un senso logico, di una struttura narrativa, di un qualsiasi appiglio alla razionalità di un flusso temporale o spaziale purchessìa. Sembra piuttosto una sorta di elenco telefonico personale, una enciclopedia esperienziale in ordine confuso, una poesia automatica di un Marinetti alloppiato.
Gavrilo Princip

 
Mezza vita fa e con un caldo più o meno analogo a quello odierno, annaspavo davanti alla commissione d'esame della maturità.
Una signora, di cui ricordo ancora alcune eccedenze fisiche ma non (ahimè) il nome, mi chiese la causa della prima guerra mondiale.
Con l'aria di "questa la so!" cominciai ad argomentare, fra Marx e Croce, su imperialismo, nascita delle nazioni, caduta di imperi etc etc etc.
La professoressa (detta anche "membro interno" con infelice sprezzo del doppio senso e del ridicolo) cominciò a manifestare un crescente fastidio: venne fuori che, per lei, la causa della prima guerra mondiale era l'attentato di Sarajevo.
Allora, ch'ero giovane e fesso e pieno di tic, sbottai in una espressione seccata che mi costò alcuni punti nel voto totale (sarebbero stati di più se un altro membro, non interno, della commissione d'esame non mi avesse difeso e sostenuto).
Oggi, che sono vecchio e saggio (o vecchio e stronzo, fate vobis), quando leggo e sento di persone che, pur forti di una cultura non arronzata, credono che la causa della guerra in Ucraina siano i nazisti del Donbass, mi trattengo e taccio.
Che la vecchiaia e la saggezza o la stronzaggine a qualcosa devono pur servire, suvvia.

Il mio amico Andrea, che legge anche giornali di carta, mi segnala che Michele Serra ha citato, nel medesimo senso e contesto di cui ho parlato io in questo post, la canzone A.R. (Serra la chiama Arthur Rimbaud, ma lo capisco: è anziano, si confonde).

 

Da quasi quattro anni ho smesso di fumare, senza patire quasi nessun fastidio e senza rimpianti.

Stanotte, per la prima volta, credo (credo, è un ricordo vaghissimo e ampiamente inaffidabile) di aver sognato di fumare.

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  • Strehler e io

    Io Giorgio Strehler un giorno l'ho incontrato.

    Cioè, non letteralmente: nel senso che andavamo nella stessa direzione, lui pochi passi più avanti.

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