Nel 1968 un Sergio Corbucci quarantenne licenzia il suo trentunesimo film: "Il grande silenzio".
Protagonista un giovane Jean-Louis Trintignant, star emergente; antagonista Klaus Kinski, consolidato vilain dallo sguardo malvagio e dal labbro vizioso.
Western bizzarro e "fuori fase" quant'altri forse mai, il film deve il titolo, presumibilmente, all'intelligenza nervosa dello stesso Corbucci che coniuga il silenzio dei paesaggi innevati di Cortina D'Ampezzo (dove il film è stato girato) con l'ostinato mutismo del protagonista, che non può parlare per i danni riportati alle corde vocali durante una tentata impiccagione (la scelta di ingaggiare una star come Trintignant e poi tenerla muta giustifica da sola l'uso di almeno una ventina di lusinghieri aggettivi sull'eccentricità del film).
Poco più di dieci anni dopo Yves Swolfs, fumettista belga, pubblica il primo episodio del suo fumetto forse più importante: "Durango".
Si tratta di un remake a fumetti del film di Corbucci nonché di un riconosciuto capolavoro della Nona Arte.
Nel 2015 Quentin Tarantino manda in sala "The Hateful Eight", esplicito omaggio, tra gli altri, anche (e soprattutto) al film di Corbucci.
"Il grande silenzio" ha due finali.
Nel primo, quello voluto da Corbucci, Kinski spara a bruciapelo a Trintignant, i cattivi vincono.
Nel secondo, voluto dalla produzione, avviene il contrario e vincono i buoni.
In entrambi, dopo l'ultimo crepitìo, le pistole giacciono sulla neve insanguinata e nei boschi di Cortina cala, di nuovo, Il Grande Silenzio.

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