Avevi mai pensato che Ungaretti ha in sé e nel suo nome l'imbarazzante renitenza boema o comunque balcanica?
Piccolo stronzetto ungherese.
Mérhetetlenül ragyogok
Non potevi scriverlo, ti avrebbero riso dietro.
Ma József Attila, poeta di cristallina rudezza, di mani contadine e virile schizofrenia novecentesca, scrisse tanto e bene in ungherese, dando limpidezza e scioltezza ai dannati ceppi ungrofinnici.
Il samoiedo, il vogulo e l'ostiaco; il permiano, con il sirieno e il votiaco; il ceppo del Volga, con il ceremisso e il mordvino; la radice balto-finnica, con il finnico, l'estone e altri dialetti minori; quella lappone...
Attila scriveva, senza paura o esitazioni, cosette così
A rakodópart alsó kövén ültem,
néztem, hogy úszik el a dinnyehéj.
Alig hallottam, sorsomba merülten,
hogy fecseg a felszín, hallgat a mély.
Mintha szívemből folyt volna tova,
zavaros, bölcs és nagy volt a Duna.
Entrambi nati Giuseppe (chi di nome, chi di cognome: ma siamo lì), Attila scrisse "Presso il Danubio" (in ungherese, "A Dunánál") dopo aver letto "I fiumi" di Ungaretti.
"I Fiumi" di Giuseppe Ungaretti |
"Presso il Danubio" di József Attila nella traduzione di Edith Bruck |
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Mi tengo a quest’albero mutilato Stamani mi sono disteso L’Isonzo scorrendo Ho tirato su Mi sono accoccolato Questo è l’Isonzo Il mio supplizio Ma quelle occulte Ho ripassato Questi sono Questo è il Serchio Questo è il Nilo Questa è la Senna Questi sono i miei fiumi Questa è la mia nostalgia |
Stavo seduto sotto lo scalo sulla prima pietra
guardavo come naviga via la scorza d'anguria. Ogni onda e ogni moto era un sussulto Cominciava a gocciolare Il Danubio era un continuo scorrere. E come un bimbo Io mi son un che guarda da millant'anni Vedo ciò che no hanno veduto perché zappavano Sapevano l'un dell'altro cose come gioia e tristezza; Mia madre era di kun, mio padre per metà transilvano Mi si rivolgono perché io sono già loro; Sono il mondo - tutto, che era e ciò che è: ... Io voglio lavorare. E' già |
Naturalmente, Ungaretti non ha nulla a che vedere con l'Ungheria, il mio è solo uno scherzo innocente, un pretesto per parlare di questo grande sconosciuto, anima dannata dal vento della steppa di una MittelEuropa già finita.
Scrive cose così, Attila (e Prevert ne ha da imparare)
Metti la mano
Metti la mano
sulla mia fronte
come se fosse
mia la tua mano.
Fammi la guardia
come chi uccide,
come se fosse
tua la mia vita.
Amami, come
se fosse bene,
come il mio cuore
fosse il tuo cuore.

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